L’io dell’uomo è un’affilata spada a doppio taglio.

O.O. 104 – L’Apocalisse – 25.06.1908


 

Chi non afferra che l’io è una spada a due tagli,

poco comprenderà l’intero significato dell’evoluzione dell’umanità e del mondo.

Da un lato l’io è la causa del fatto che gli uomini si induriscono in loro stessi,

che essi vogliono mettere al servizio del loro io

tutti i beni interiori e le cose esteriori che possano essere a loro disposizione.

 

L’io è la causa del fatto che tutti i desideri dell’uomo tendono a soddisfare l’io come tale.

L’io tende ad afferrare come sua proprietà una parte della proprietà comune della terra;

l’io tende ad allontanare dal suo campo tutti gli altri io, tende a far loro guerra, a combatterli;

e questo è uno degli aspetti dell’io.

 

• D’altra parte non dobbiamo dimenticare che allo stesso tempo

l’io è quello che dà all’uomo la sua indipendenza, la sua intima libertà,

quello che innalza l’uomo nel più vero senso della parola.

 

Nell’io è fondata la sua dignità.

L’io è la disposizione verso il divino nell’uomo.

Il concetto dell’io procura difficoltà a molti uomini.

 

Ci è già risultato chiaro che l’io dell’uomo si è evoluto movendo da un’anima di gruppo,

da una specie di io generale, dal quale si è differenziato.

Non sarebbe giusto che l’uomo avesse di nuovo il desiderio di sprofondare col suo io in un qualsiasi stato di coscienza generale, in un qualsiasi stato di coscienza comune.

Tutto quello che spinge l’uomo a perdere il suo io, a perdersi con esso in uno stato di coscienza generale, è un risultato della debolezza.

 

Comprende l’io soltanto chi sa che, dopo esserselo conquistato nel corso dell’evoluzione cosmica,

non può attualmente più perderlo;

l’uomo, se comprende la missione del mondo,

deve tendere innanzi tutto verso lo sforzo intenso di rendere l’io sempre più profondo, sempre più divino.

 

I veri antroposofi non devono aver nulla in comune con quel motto secondo cui vien sempre auspicato il riunirsi dell’io in un io generale, lo sciogliersi in un qualsiasi mare primordiale. La vera concezione antroposofica del mondo può solo porsi come mèta finale la comunità degli io divenuti indipendenti e liberi, degli io divenuti individuali. Questa è appunto la missione della terra che si esprime attraverso l’amore, che pone liberamente l’io di fronte all’io.

 

Non è perfetto l’amore derivante dalla costrizione, dall’essere incatenati assieme.

Soltanto ed unicamente quando ogni io è così libero ed indipendente da poter anche non amare,

soltanto allora il suo amore è un dono del tutto libero.

Il piano cosmico divino consiste nel rendere l’io talmente indipendente, come essere individuale,

da poter portare l’amore dalla libertà stessa verso Dio.

 

Se gli uomini potessero venire comunque costretti, sia pure nella maniera più mediata, ad amare,

ciò significherebbe guidarli con i fili della dipendenza.

L’io diverrà così il pegno della più alta mèta dell’uomo.

 

Ma in pari tempo, se non trova l’amore, se si indurisce in se medesimo, esso è pure il corruttore che precipita l’uomo nell’abisso. Ed è quindi quello che divide gli uomini gli uni dagli altri, che chiama alla grande guerra di tutti contro tutti; non soltanto alla guerra di popoli contro popoli — perché il concetto di popolo più non avrà il significato di oggi — ma alla guerra del singolo contro il singolo nei più svariati settori della vita, alla guerra dei ceti contro gli altri ceti, delle caste contro le caste, delle stirpi contro le stirpi.

 

In tutti i campi della vita l’io diverrà il pomo della discordia”,

ed è quindi lecito dire che da un lato l’io può portare alla massima elevazione

e dall’altro al più profondo abbrutimento.

Perciò esso è una spada affilata a due tagli.

 

Quindi, chi ha portato agli uomini la completa coscienza dell’io, il Cristo Gesù,

viene giustamente rappresentato nell’Apocalisse, come abbiamo visto,

come colui che ha nella bocca l’affilata spada a due tagli.

 

 

Abbiamo già indicato che un grande acquisto dell’uomo è di aver potuto salire ad un libero concetto dell’io proprio attraverso il cristianesimo.

Il Cristo Gesù ha portato l’io a piena completezza.

 

Di conseguenza l’io deve essere rappresentato appunto mediante l’affilata spada a due tagli, come ci è noto da uno dei nostri suggelli. Ed è anche comprensibile che l’affilata spada a due tagli esca dalla bocca del Figlio dell’uomo, perché quando l’uomo apprese a dire io con piena coscienza gli fu dato di salire alla massima elevazione o di scendere al più profondo abbrutimento.

• L’affilata spada a due tagli è uno dei simboli più importanti che ci vengono incontro nell’Apocalisse.