L’azione dei deva nella vita dopo la morte. Permanenza nel devachan e reincarnazione.

O.O. 93a – Elementi fondamentali dell’esoterismo – 07.10.1905


 

Ora dobbiamo chiederci come si lavora alle diverse parti dell’uomo.

A ciò che fa parte del cervello e del midollo spinale,

l’uomo lavora consapevolmente solo per mezzo dell’Io umano…  [lacuna negli appunti].

Sul resto, inizialmente l’uomo non ha alcuna influenza.

Per esempio, non ha alcun influsso sulla circolazione del sangue.

 

Queste cose si formano solo a poco a poco.

Qui collaborano altri spiriti, di natura deva, così che tutti gli esseri, se hanno una circolazione sanguigna,

dipendono dal fatto che le forze deva la regolano.

 

• Forze deva esterne compenetrano il corpo astrale e lo elaborano.

Le forze inferiori lavorano al corpo astrale.

Le forze superiori lavorano al corpo eterico,

• e deva ancora superiori lavorano al corpo fisico, che è il corpo più perfetto di cui l’uomo è dotato.

 

Il corpo astrale è notevolmente meno perfetto del corpo fisico.

Il cuore fisico è di fatto molto assennato;

quello che è sciocco è il corpo astrale, che porta al cuore tutti i possibili veleni per il cuore.

 

• Quello più perfetto nell’uomo è il corpo fisico,

meno perfetto è il corpo eterico, ancora meno perfetto è il corpo astrale.

• Quello che è appena agli inizi, il “bebé” nell’uomo, è l’Io.

• Questo è l’uomo quadripartito, che contiene in sé l’Io, come il tempio contiene la statua di un dio.

 

• Tutta l’evoluzione culturale umana non è nient’altro che l’elaborazione dell’Io nel corpo astrale,

una formazione del corpo astrale.

L’uomo fa il suo ingresso nella vita pieno di brame, istinti e passioni.

Superando questi istinti, queste brame e passioni, egli sospinge l’Io nel corpo astrale.

 

Quando la sesta epoca sarà conclusa, l’Io avrà pervaso l’intero corpo astrale.

Fino a quel tempo il corpo astrale continuerà sempre ad essere affidato alle forze deva per essere sostenuto.

Finché l’Io non avrà compenetrato tutto il corpo astrale, è necessario che le forze deva sostengano il lavoro.

 

La seconda evoluzione, successiva all’evoluzione culturale, è l’evoluzione del discepolo dell’occultismo.

Questi fa penetrare l’Io fino nel corpo eterico.

In tal modo, a poco a poco, le forze deva vengono liberate dal lavoro proprio dell’Io anche nel corpo eterico.

Allora l’uomo comincia gradualmente anche a scrutare se stesso.

 

Ora possiamo chiedere che significato abbia il corpo astrale, a qual pro l’essere umano abbia il corpo astrale.

Ce l’ha per dare all’uomo, sulla via traversa delle brame,

un motivo per fare quel che altrimenti non farebbe: recarsi sul piano fisico.

 

Infatti, prima di poter conoscere in modo oggettivo sul piano fisico,

l’uomo deve dirigere verso di esso i propri desideri e le proprie brame.

• Senza di esse, egli non avrebbe potuto sviluppare un’osservazione oggettiva del mondo,

e nemmeno doveri e morale.

• Solo dopo una graduale trasformazione dei desideri, questi vengono trasformati in doveri o in ideali.

• L’uomo doveva percorrere questa via attraverso la forza stimolante, strutturante, del corpo astrale.

 

• Il corpo eterico è il portatore dei pensieri.

Quel che interiormente è pensiero, da fuori è etere, così come le brame interiori da fuori sono l’astrale.

• Ma solo quando inizia il puro pensare viene irradiata materia eterica negli impulsi astrali.

Finché i pensieri non sono ancora puri, intorno alla forma eterica abbiamo materia astrale.

• Dunque, quelle che vengono chiamate “forme di pensiero”

sono composte da un nocciolo di materia eterica, circondata da materia astrale.

 

• Lungo i funicoli nervosi passano i flussi dei cosiddetti pensieri astratti,

che però in realtà sono quelli più concreti, perché sono forze eteriche.

• Non appena l’uomo comincia a pensare, spinge già l’Io nel suo corpo eterico.

 

Quando l’uomo muore, diventa chiaro che il corpo fisico non ha nulla a che fare con l’Io.

• Dopo la morte ogni allacciamento da questo all’Io si interrompe.

• Prima, l’allacciamento avveniva indirettamente attraverso gli altri corpi.

• Quando questi se ne sono andati, il cadavere non ha più alcun rapporto con l’Io.

• Allora lo attirano a sé le forze deva esterne, ed esso viene nuovamente organizzato nel mondo fisico circostante.

 

La parola “putrefarsi” non significa solo “trapassare”, ma diventare l’essere dal quale il corpo è stato prodotto.

Questo è quanto c’è da dire sul corpo fisico.

Il termine olandese “lichaam” non significa “cadavere”, ma indica il “corpo fisico portato in giro con sé”.

 

Anche per il corpo eterico le cose stanno in gran parte come per il corpo fisico.

Dopo la morte anch’esso viene accolto dai deva e ritorna a sciogliersi nel circuito universale.

Però, del corpo eterico resta la parte alla quale l’uomo stesso ha lavorato e che non si dissolve.

È quel che in seguito, nella reincarnazione, costituisce un centro attorno al quale va a cristallizzarsi il resto.

Questa porzione di corpo eterico continua ad esserci in ogni uomo.

Parimenti, anche del corpo astrale rimane presente quel che l’uomo ha elaborato.

 

Solo durante l’ultimo terzo della sesta epoca permarrà,

in tutti gli uomini che si saranno sviluppati normalmente, l’intero corpo astrale.

• L’evoluzione inizia dunque con la rielaborazione consapevole, da parte dell’uomo, del corpo astrale.

Il lavoro del chela, dell’allievo dell’occultismo, è inoltre quello di elaborare il corpo eterico.

Egli termina di essere chela quando dopo la morte si conserva l’intero corpo eterico.

 

La permanenza nel devachan è necessaria per rendere possibile sempre di nuovo l’organizzazione del corpo eterico.

La piccola porzione di corpo eterico che l’uomo inizialmente porta nel devachan

può crescere fino a diventare un corpo eterico completo per il fatto che nel devachan ne vengono create le condizioni.

Ciò rende comprensibile come vanno le cose durante la permanenza nel devachan.

 

Se l’uomo è all’inizio della propria evoluzione e ha elaborato solo molto poco del suo corpo eterico, può rimanere nel devachan solo per brevissimo tempo. La parte mancante del suo corpo eterico devono sostituirgliela i deva esterni. Quando l’uomo si evolve ulteriormente, si trattiene sempre più a lungo nel devachan, la sua permanenza nel devachan si prolunga. Il tempo che egli vi trascorre aumenta quindi in rapporto alla sua stessa formazione. Le persone progredite ulteriormente, però, a volte si incarnano prima per altri motivi, per esempio perché se ne ha bisogno nel mondo.

 

Quando il chela muore, rimane tutto il corpo eterico.

Quindi a questo livello il chela può rinunciare al devachan,

perché appunto il suo corpo eterico è stato completamente elaborato.

Allora, dopo brevissimo tempo, subentra una reincarnazione.

 

Dapprima egli aspetta nel mondo astrale come in una stazione di passaggio,

finché riceve dal suo maestro una determinata missione.

Allora può riavere il suo corpo eterico per tornare ad incarnarsi.

Fino a quella volta, per l’evoluzione sono necessarie due cose

e cioè che le cose che non si è capaci di formare da sé nell’interiorità vengano formate da fuori.

Bisogna essere aiutati da fuori.

Così, nel devachan il corpo eterico viene nuovamente completato da potenze devachaniche esterne.

Il devachan e il piano fisico sono contrapposti.

 

In mezzo c’è il kamaloka, una stazione di passaggio, uno stadio di passaggio, uno stato intermedio che viene in essere per il fatto che l’uomo è in rapporto con ciò a cui ha lavorato. Il corpo astrale porta l’uomo sul piano fisico, ove egli si volge verso l’esterno. Le brame imparano a sviluppare piacere per le cose esteriori.

Quando l’uomo muore, l’avidità per gli oggetti esteriori non cessa subito, nonostante egli non abbia più organi per collegarsi ad essi. L’avidità rimane, ma mancano gli organi.

 

Nel kamaloka l’uomo deve disabituarsi a questa brama del mondo esteriore.

In realtà il kamaloka non fa affatto parte della normale evoluzione; è solo uno stadio di disassuefazione.

Dato che l’uomo, non avendo più organi per il mondo fisico,

non può più soddisfare fisicamente i propri desideri, subentra il kamaloka.

 

L’uomo che si suicida ha identificato il proprio Io con il corpo fisico. Perciò in seguito sorge tanto più violentemente l’avidità per il corpo fisico. Allora egli appare a se stesso come un albero sradicato, come uno che ha perso il proprio Io. E quindi ha una continua sete di se stesso.

 

Se l’uomo viene ucciso in modo violento, si trova in una condizione simile. In un uomo che muore di morte violenta, fino al momento in cui sarebbe comunque morto rimane la ricerca del suo corpo fisico, del suo sé. Questa ricerca può essere così preponderante da suscitare cattive reazioni. In certi casi, in chi viene ucciso con violenza ciò suscita una collera furiosa contro coloro che ne hanno provocata la morte. Così, per il giustiziato, il colpo si trasforma in contraccolpo. Così dal mondo astrale le anime dei russi che erano stati giustiziati per motivi politici hanno combattuto contro i propri compatrioti dalla parte dei giapponesi. Questo è successo nella guerra russo-giapponese, ma non è affatto una regola generale.